Anche il beneficiario di amministrazione di sostegno può autodeterminarsi in materia di matrimonio
Ogni soggetto, quindi anche il beneficiario di amministratore di sostegno, è titolare del diritto personalissimo di autodeteminarsi con riguardo al proprio matrimonio

L'apertura dell'amministrazione di sostegno e la richiesta di limitare tale diritto non solo si rivelano tra loro legate ma, soprattutto, riguardano profili strettamente inerenti la persona proprio perché direttamente incidenti su suoi diritti fondamentali, in coerenza con i principi fondamentali ed indeclinabili di identità e libertà della persona stessa, principi sanciti alla Costituzione. Di conseguenza, il beneficiario dell'amministrazione di sostegno non acquista lo status di incapace e, dunque, non possono essergli applicate tout court le norme limitative previste per l'interdetto (si pensi, specificamente, al divieto di contrarre matrimonio ) o l'inabilitato. Di guisa che tutto ciò che il giudice tutelare, nell'atto di nomina o in successivo provvedimento, non affida all'amministratore di sostegno, in vista della cura complessiva della persona del beneficiario, resta nella completa disponibilità di quest'ultimo. Ciò deriva non solo dalle finalità della legge - di valorizzare le capacità residue e di sostenere, più che limitare -, ma anche dall'intento del legislatore di mantenere volontariamente sfumati i contorni tra capacità ed incapacità di agire, in quanto l'assolutezza di tale dicotomia non appare più adeguata a spiegare le innumerevoli situazioni che conducono all'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno. In definitiva, colui che è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità, e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell'interdetto, cosicché ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessità di assimilarne la tutela. Dalla considerazione per la quale il beneficiario non è un incapace discende, dunque, che non possano essergli applicate in via interpretativa (e, quindi, a prescindere da una valutazione giudiziale) le limitazioni previste dalla legge per tale categoria di soggetti, così come quelle che si riferiscono ad interdetti ed inabilitati. Sempre che non si tratti di norme che disciplinano i rapporti per i quali il beneficiario, nel decreto, ha subito una specifica limitazione e relativamente ai quali è, dunque, incapace. Queste ultime trovano senz'altro applicazione nell'ambito dell'amministrazione di sostegno anche indipendentemente da uno specifico richiamo nel decreto. Inoltre, in ragione delle significative differenze che intercorrono tra l'amministrazione di sostegno (diretta a valorizzare le residue capacità del soggetto debole) e l'interdizione (volta a limitare la sfera d'azione di quel soggetto in relazione all'esigenza di salvaguardia del suo patrimonio nell'interesse dei suoi familiari), il divieto di contrarre matrimonio, previsto dal Codice Civile per l'interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell'amministrazione di sostegno ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all'interesse dell'amministrato. In tali casi, il matrimonio contratto da quest'ultimo può essere impugnato da lui stesso o dall'amministratore di sostegno , non anche dai terzi, non potendosi richiamare la disciplina dell'interdizione. (Ordinanza 2769 del 2 ottobre 2023 della Cassazione)