Assegno divorzile all’ex moglie: non basta l’impegno in famiglia durante il matrimonio
Necessario, invece, indagare, sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta di uno dei coniugi, seppure condivisa con l’altro coniuge, di dedicarsi prevalentemente all’attività familiare

L’impegno della donna in famiglia non basta a legittimarne la richiesta di assegno post divorzio. Necessario valutare, precisano i giudici, se la decisione, concordata con l’allora marito, di occuparsi dei figli e della gestione della vita domestica abbia portato al sacrificio di aspettative professionali e alla rinuncia a realistiche occasioni professionali e reddituali. Impossibile, secondo i giudici, giustificare l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno divorzile all’ex moglie solo a fronte del rilevante squilibrio reddituale-patrimoniale tra lei e l’ex marito e, soprattutto, della attività in ambito familiare svolta dalla donna, attività mirata anche a fornire un contributo alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge. Al contrario, condizione per l’attribuzione dell’assegno divorzile in funzione compensativa non è il fatto in sé che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure domestiche e dei figli, né di per sé il divario o lo squilibrio reddituale tra gli ex coniugi o l’elevata capacità economica dell’uomo o della donna. Necessario, piuttosto, indagare, chiariscono i giudici, sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta di uno dei coniugi, seppure condivisa con l’altro coniuge, di dedicarsi prevalentemente all’attività familiare, la quale è pur sempre attuativa dei doveri inderogabili derivanti per ciascun coniuge dal vincolo matrimoniale, insuscettibili di diretta patrimonializzazione ex post in termini di mera corrispettività. (Ordinanza 29920 del 13 ottobre 2022 della Corte di Cassazione)