Concessioni di occupazione delle spiagge italiane: stop ai rinnovi automatici
I giudici bacchettano l’Italia e ribadiscono che le concessioni balneari devono essere oggetto di una procedura di selezione

Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente. E i giudici nazionali e le autorità amministrative dell’Italia sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione Europea, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi. Questo, in sintesi, il ‘richiamo’ arrivato all’Italia dall’Europa tramite i giudici comunitari, i quali hanno ricordato che, secondo il diritto dell’Unione Europea, per l’assegnazione di concessioni di occupazione del demanio marittimo, gli Stati devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali. Inoltre, l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico. Sebbene tali disposizioni siano state recepite dall’Italia, una legge del 2018 ha previsto che le concessioni in essere fossero prorogate fino al 31 dicembre 2033, al fine di disporre del tempo necessario allo svolgimento di tutte le attività essenziali per la riforma delle concessioni. Il posticipare la procedura per l’assegnazione delle concessioni rappresenta un abuso, secondo i giudici, i quali hanno innanzitutto ricordato che la direttiva comunitaria si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo. In secondo luogo, il diritto dell’Unione Europea non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione. È necessario, quindi, che i criteri adottati da uno Stato per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati. In terzo luogo, dall’esame non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Poiché, da un lato, il fondamento giuridico di un atto deve basarsi sul suo scopo e sul suo contenuto e, dall’altro, la direttiva ha l’obiettivo di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, il Consiglio ha correttamente deliberato a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato. In quarto luogo, l’obbligo, per gli Stati , di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Poiché tali disposizioni sono produttive di effetti diretti, i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi. (Sentenza del 20 aprile 2023 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)