Condannato per le lesioni provocate alla moglie: addebitabile a lui la separazione

Logico considerare i comportamenti dell’uomo come causa determinante dell’intollerabilità della convivenza

Condannato per le lesioni provocate alla moglie: addebitabile a lui la separazione

Se il marito è stato condannato per il delitto di lesioni aggravate ai danni della moglie, allora è plausibile l’ipotesi di addebitare a lui la responsabilità per l’irreversibile crisi della coppia e per la successiva separazione coniugale. Accolta, nel caso preso in esame dai giudici, la tesi portata avanti dalla donna e mirata a smentire una presunta riconciliazione col marito nel periodo di crisi che ha preceduto la domanda di separazione. Irrilevanti anche la forte conflittualità tra le mura domestiche e il comportamento tenuto dalla donna che ha contribuito ad agitare i rapporti col marito. I giudici precisano che i comportamenti reattivi del coniuge che sfociano in azioni violente e lesive dell’incolumità fisica dell’altro coniuge rappresentano, in un giudizio di comparazione al fine di determinare l’addebito della separazione, causa determinante dell’intollerabilità della convivenza, nonostante la conflittualità fosse risalente nel tempo ed il fatto che l’altro coniuge contribuisse ad esasperare la relazione. In questa ottica viene sottolineato che le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretizzatesi in un unico episodio di percosse –, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore delle violenze. In aggiunta viene ribadito che anche un unico episodio integra un comportamento idoneo, comunque, a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona, e la reazione aggressiva della vittima non ne riduce la portata e l’efficienza causale. (Ordinanza 27324 del 16 settembre 2022 della Corte di Cassazione)

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