Confermato l’assegno divorzile per l’ex moglie che rinunciato al lavoro
La Cassazione ha condiviso la decisione della Corte d’appello. La donna ah diritto ad un assegno di 800 euro mensili a fronte dei sacrifici lavorativi e dell’attuale disparità economica tra i due ex coniugi

Decisivi i sacrifici dell’ex moglie in ambito lavorativo, per poter dare al marito la possibilità di studiare e di specializzarsi, anche all’estero, arrivando ad essere un luminare in campo medico.
Dopo trent’anni di matrimonio, i giudici di primo grado avevano negato il diritto della donna a percepire dall’ex coniuge l’assegno divorzile. Di parere opposto, però, i giudici dell’appello che fissano a carico dell’ex marito l’obbligo di versare 800 euro al mese. Fondamentali le differenti carriere dei due ex coniugi e le palesi sproporzioni a livello economico. La donna infatti, durante il matrimonio, si è divisa tra disoccupazione e part-time, riuscendo a lavorare full-time solo dopo la separazione, mentre l’uomo ha avuto la possibilità di dedicarsi pienamente alla propria professione, raggiungendo risultati notevoli anche a livello di reddito.
Inutili le obiezioni sollevate in Cassazione dall’avvocato dell’ex marito.
Anche per i giudici di terzo grado, difatti, il quadro è chiarissimo: «la signora non aveva sempre lavorato in costanza di matrimonio: era stata disoccupata poi aveva lavorato part-time, in seguito alla nascita del figlio» e sette anni dopo «era stata immessa in ruolo, ma era tornata a lavorare full-time solo dopo la separazione». Inoltre, ella «potrà andare in pensione solo al compimento dei 67 anni, secondo la normativa vigente» e, secondo una proiezione relativa al trattamento pensionistico, «non le spetteranno più di 1.000 euro netti al mese, e ciò», sottolineano i giudici, «a causa del contributo apportato alla famiglia», situazione, questa, che «l’ha costretta a non lavorare con continuità».
I Giudici osservano inoltre che «è arbitrario ritenere che la sperequazione» fra i due ex coniugi «non sia anche frutto di un accordo tra loro nella gestione della vita familiare, giacché l’intesa nella suddivisione dei compiti si presume quando la durata del matrimonio è trentennale e da esso sono nati due figli». Infatti, «le rinunce lavorative della donna fatte, in costanza di matrimonio, per prendersi cura della famiglia e dei figli» hanno indubbiamente agevolato l’uomo nella sua attività professionale, «permettendogli di specializzarsi, di studiare e di girare il mondo per diventare un luminare in campo medico-scientifico, con conseguente accrescimento del suo patrimonio mobiliare ed immobiliare, proprio grazie ai sacrifici dell’ex moglie» (Cass. civ., ord., 10 luglio 2024 n. 18850).