Dieci metri almeno tra pareti di edifici antistanti: distanza che vale anche quando la finestra di una parete non fronteggia l’altra parete
La finalità è salvaguardare l’interesse pubblico sanitario alla salubrità dell’affacciarsi di esseri viventi agli spazi intercorrenti fra gli edifici che si fronteggiano, quando almeno uno dei due abbia una parete finestrata

L’obbligo di rispettare una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, previsto dalla normativa del 1968, vale anche quando la finestra di una parete non fronteggi l’altra parete (per essere quest’ultima di altezza minore dell’altra), tranne che le due pareti aderiscano in basso l’una all’altra su tutto il fronte e per tutta l’altezza corrispondente, senza interstizi o intercapedini residui. Questo il principio fissato dai giudici, chiamati a prendere in esame il contenzioso tra una società e un privato, contenzioso mirato all’accertamento della violazione della distanza di dieci metri tra la proiezione in altezza dell’edificio della società e la parete finestrata dell’appartamento del privato, con conseguente possibile demolizione delle parti costruite in violazione della normativa. I giudici ricordano, in premessa, che, con riferimento ai nuovi edifici costruiti nelle parti di territorio non interessate da agglomerati urbani di carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale, la normativa del 1968 prescrive una distanza minima assoluta di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Essi aggiungono poi, però, che la finalità della normativa è di salvaguardare l’interesse pubblico sanitario alla salubrità dell’affacciarsi di esseri viventi agli spazi intercorrenti fra gli edifici che si fronteggiano, quando almeno uno dei due abbia una parete finestrata, a prescindere dal fatto che quest’ultima sia costruita prima o dopo l’altra parete. E strumento ne è il rispetto di una distanza minima, tale da garantire la circolazione d’aria e la irradiazione di luce idonee a mantenere la salubrità di affaccio. La nozione di antistanza o frontalità va riferita e circoscritta a (porzioni di) pareti che si fronteggiano e pertanto presentano, ove non distanziate adeguatamente, un problema di circolazione d’aria o d’irradiazione di luce insufficienti, con un pericolo concreto che si crei un’intercapedine nociva. Ove le pareti si fronteggino solo per un tratto – perché di diversa estensione orizzontale, verticale o non perfettamente parallele –, il rispetto della distanza deve essere assicurato entro (e solo entro) le porzioni di pareti antistanti. In altre parole, la distanza di 10 metri – che è misurata in modo lineare – va rispettata entro il segmento delle pareti, tale che l’avanzamento (ideale, meramente pensato) dell’una la porti ad incontrare l’altra, sia pure in quel segmento. (Ordinanza 28147 del 27 settembre 2022 della Corte di Cassazione)