Elezioni antidemocratiche se alcuni gruppi etnici godono di una posizione privilegiata
Va riconosciuta l’esistenza di una violazione del divieto generale di discriminazione se, alla luce della composizione dell’assemblea parlamentare, il sistema politico del Paese rende la rappresentanza etnica più rilevante

Legittimo parlare di elezioni antidemocratiche in un Paese se i principali gruppi etnici godono di una posizione privilegiata. Questo il paletto fissato dai giudici, i quali, chiamati a prendere in esame il caso concernente Bosnia ed Erzegovina - con riferimento alle elezioni legislative e presidenziali del 2022 -, hanno riconosciuto l’esistenza di una violazione del divieto generale di discriminazione, poiché si è appurato, alla luce della composizione dell’assemblea parlamentare, che l’attuale sistema politico di quel Paese rende la rappresentanza etnica più rilevante rispetto a quella relativa a considerazioni politiche, economiche, sociali, filosofiche e di altro tipo, con la conseguenza di amplificare le divisioni etniche e di minare il carattere democratico delle elezioni. Nello specifico, i popoli costituenti, ossia bosniaci, croati e serbi, paiono godere chiaramente di una posizione privilegiata nel sistema attuale. In sostanza, la Bosnia-Erzegovina non è una vera democrazia ma una etnocrazia in cui l’etnicità - e non la cittadinanza - costituisce la chiave per garantire potere e risorse e in cui i tre gruppi etnici dominanti controllano le istituzioni statali per promuovere i propri interessi, mentre tutti gli altri sono simili a cittadini di seconda classe. (Sentenza del 29 agosto 2023 della Corte europea dei diritti dell’uomo)