Estrema povertà in patria: protezione umanitaria in Italia
Decisivo il riferimento alla serietà dei motivi di vulnerabilità dello straniero, alla luce della condizione del suo Paese, caratterizzato da povertà diffusa e da ricorrenti calamità naturali

A fronte di una situazione di estrema povertà in patria, va riconosciuta la protezione umanitaria allo straniero che in Italia si sostenta col commercio ambulante. Inutile l’opposizione del Ministero dell’Interno. Decisivo il riferimento alla serietà dei motivi di vulnerabilità dello straniero, alla luce della condizione del suo Paese, caratterizzato da povertà diffusa e da ricorrenti calamità naturali. Nel caso specifico, riguardante un uomo originario del Bangladesh, i magistrati hanno sottolineato che il concetto di nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, quale limite minimo essenziale al di sotto del quale non è rispettato il diritto individuale alla vita e all’esistenza dignitosa, deve essere apprezzato anche con riguardo a qualsiasi contesto che sia, in concreto, idoneo ad esporre i diritti fondamentali alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione dell’individuo al rischio di azzeramento o di riduzione al di sotto della predetta soglia minima, con la conseguente possibile rilevanza anche di una condizione di povertà estrema - in cui non si disponga, o si disponga con grande difficoltà o intermittenza, delle primarie risorse per il sostentamento umano come l’acqua, il cibo, il vestiario e l’abitazione - del Paese di provenienza dello straniero. A questo quadro viene aggiunto poi anche il riferimento alla condizione di insuperabile indigenza a cui, per ragioni individuali, lo straniero sarebbe esposto in caso di rimpatrio con possibili condizioni incompatibili con il rispetto dei diritti umani fondamentali. Tirando le somme, la violazione dei diritti umani dello straniero si deve ritenere configurabile, secondo i magistrati, anche in ipotesi di assoluta ed inemendabile povertà per alcuni strati della popolazione nel Paese di origine e di conseguente impossibilità di provvedere almeno al proprio sostentamento. (Ordinanza 15645 del 5 giugno 2023 della Cassazione)