Figlio depresso e con problemi nel mondo del lavoro: niente mantenimento paterno
A fronte delle precarie condizioni psicopatologiche del giovane, i giudici ritengono sia più logico per lui fare ricorso a un sussidio sociale oppure chiedere gli alimenti al padre

Niente mantenimento paterno per il figlio maggiorenne depresso e con problemi nell’approccio al mondo del lavoro. Plausibile l’istanza presentata da un uomo e mirata a vedere revocato l’obbligo a suo carico di versare ogni mese all’ex moglie un assegno di 500 euro come mantenimento per il figlio che convive ancora con la donna. Decisivo il richiamo al principio secondo cui il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo in condizione di bisogno. Questo principio vale, aggiungono i giudici, anche laddove il figlio (ultra)maggiorenne non autosufficiente risulti affetto da qualche patologia - depressiva, nella vicenda oggetto del processo -, ma non tale da integrare la condizione di grave handicap che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento da parte del genitore. (Ordinanza 23133 del 31 luglio 2023 della Cassazione)