Il decreto di espropriazione per pubblica utilità non basta per azzerare i diritti di uso civico gravanti su beni collettivi
Poiché i beni gravati da uso civico di dominio collettivo sono assimilabili a quelli demaniali, l’esperimento della procedura espropriativa per pubblica utilità, affinché possa essere ritenuta legittima, deve essere proceduta dalla preventiva sdemanializzazione

I diritti di uso civico gravanti su beni collettivi non possono essere posti nel nulla (ovvero essere considerati implicitamente estinti) per effetto di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, poiché la loro natura giuridica assimilabile a quella demaniale lo impedisce, essendo, perciò, necessario, per l’attuazione di una siffatta forma di espropriazione, un formale provvedimento di sdemanializzazione, la cui mancanza rende invalido il decreto espropriativo che implichi l’estinzione di eventuali usi civici di questo tipo ed il correlato trasferimento dei relativi diritti sull’indennità di espropriazione. Di conseguenza, la natura demaniale dei terreni assoggettati ad uso civico in re propria esclude in nuce qualsivoglia ipotesi di alienabilità in assenza di preventiva declassificazione – nei limiti e modi previsti dalla legge e da considerarsi eccezionale rispetto al regime ordinario che qualifica detti beni come indisponibili – da cui solo può discendere la perdita della loro destinazione in proprietà collettiva di una comunità di abitanti. Tirando le somme, poiché i beni gravati da uso civico di dominio collettivo sono assimilabili a quelli demaniali, costituendone, secondo alcuni, una particolare categoria, l’esperimento della procedura espropriativa per pubblica utilità, affinché possa essere ritenuta legittima, deve essere proceduta dalla preventiva sdemanializzazione di siffatti tipi di beni. E la sdemanializzazione degli usi civici collettivi non può verificarsi direttamente con l’esecuzione di una procedura di espropriazione per pubblica utilità e ciò anche in virtù della ragione di fondo che, a fronte della garanzia di cui godono gli interessi primari della persona (anche nella forma della soggettività collettiva, propriamente tutelata dalla disciplina degli usi civici in re propria), mentre deve realizzarsi tramite le procedure e sulla base dei criteri individuati dalla legge per ciascuna categoria di beni pubblici e non attraverso una mera comparazione di interessi pubblici connessi all’utilizzazione del bene attuata dall’autorità espropriante secondo le regole del diritto amministrativo comune. (Sentenza 12571 del 10 maggio 2023 della Cassazione)