Immobile acquistato in regime di comunione da moglie e marito: ristoro per il coniuge che non ha potuto utilizzare l’immobile

I comproprietari possono deliberare l'uso indiretto dell’immobile. In mancanza di una precisa deliberazione, il comproprietario che ha goduto l'intero bene da solo deve corrispondere agli altri comproprietari i frutti civili

Immobile acquistato in regime di comunione da moglie e marito: ristoro per il coniuge che non ha potuto utilizzare l’immobile

In materia di comunione del diritto di proprietà, allorché, per la natura del bene o per qualunque altra circostanza, non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, secondo quanto prescrive il Codice Civile, i comproprietari possono deliberarne l'uso indiretto. In mancanza di una precisa deliberazione, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l'intero bene da solo, ma senza un titolo che giustificasse l'esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell'utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili con decorrenza dalla data in cui gli perviene manifestazione di volontà degli altri comproprietari di avere un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene. Questi i paletti fissati dai giudici, chiamati a prendere in esame lo scontro tra moglie e marito in merito all’immobile da loro acquistato durante il matrimonio. Nello specifico, la donna ha chiesto inutilmente la condanna del marito al pagamento di un importo non inferiore a 250 euro mensili a titolo di indennità di occupazione dell’immobile acquistato, in costanza di matrimonio, in regime di comunione e in cui l’uomo era rimasto ad abitare nonostante il rigetto della sua domanda di assegnazione della casa coniugale. (Ordinanza 10264 del 18 aprile 2023 della Corte di Cassazione)  

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