Indennizzo a fronte della discriminazione legata al sesso

Censurata dai giudici una prassi amministrativa consistente nel rifiutare in ogni caso di concedere anche ai padri l’integrazione della loro pensione di invalidità

Indennizzo a fronte della discriminazione legata al sesso

Discriminazione fondata sul sesso in Spagna: i padri, di due o più figli, obbligati ad agire in giudizio per beneficiare di un’integrazione della loro pensione di invalidità, hanno diritto a un indennizzo supplementare. Censurata dai giudici comunitari una prassi amministrativa consistente nel rifiutare in ogni caso di concedere tale integrazione anche ai padri e nel non tenere conto, quindi, delle conseguenze da trarre dalla sentenza, pronunciata nel 2019, in cui la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato che la concessione unicamente alle madri è discriminatoria: tale prassi assoggetta tali padri a una doppia discriminazione. I giudici comunitari ricorda, innanzitutto, che, qualora una discriminazione, contraria al diritto dell'Unione Europea, sia stata constatata e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, i giudici nazionali e le autorità amministrative nazionali sono tenuti a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza attendere che quest’ultima sia eliminata dal legislatore. Pertanto, essi devono applicare agli appartenenti del gruppo sfavorito, nel caso di specie i padri, lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria, nel caso di specie le madri. I giudici comunitari osservano poi che la decisione di rifiuto, adottata in applicazione di una tale prassi amministrativa, può comportare, oltre alla discriminazione oggetto della sentenza del 12 dicembre 2019, una ulteriore discriminazione nei confronti degli affiliati di sesso maschile, poiché solo gli uomini devono far valere in giudizio il loro diritto all’integrazione della pensione, circostanza che, in particolare, li espone ad un termine più lungo per ottenere tale integrazione, nonché, se del caso, a spese aggiuntive. Di conseguenza, il giudice nazionale, chiamato ad esaminare un ricorso proposto contro una tale decisione di rifiuto, non può limitarsi a riconoscere all’affiliato di sesso maschile interessato il diritto all’integrazione della pensione, con effetto retroattivo. Infatti, una tale decisione non porrebbe rimedio ai danni derivanti da tale ulteriore discriminazione. Di conseguenza, l’affiliato di sesso maschile deve poter beneficiare anche di un adeguato risarcimento in denaro, idoneo a compensare integralmente i danni effettivamente riportati a seguito della discriminazione. E tale risarcimento deve prendere in considerazione le spese sostenute dall’affiliato. (Sentenza del 14 settembre 2023 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)

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