La mera convivenza non basta per l’adozione di un maggiorenne
È stata respinta la richiesta effettuata da un italiano di adottate un maggiorenne straniero. Secondo i Giudici, la mera convivenza non è sufficiente poiché occorre una condivisione ampia di vita e un profondo vincolo affettivo.

Sia i giudici di primo che di secondo grado respingono la domanda presentata dal cittadino italiano di voler adottare un uomo, di origine brasiliana, di oltre 40 anni. Secondo i giudici di appello le dichiarazioni rilasciare dai due uomini non sono in grado di provare un solido e profondo legame affettivo tra di loro, condizione questa necessaria per poter instaurare un vincolo di natura giuridica tra gli stessi. Sarebbe mancato, secondo i giudici, un progetto ampio di vita anche perché il cittadino italiano non sarebbe stato a conoscenza di aspetti importanti e rilevanti della vita del brasiliano.
Ricostruendo la vicenda del brasiliano è emerso, infatti, che questi era soggetto noto alle autorità poiché controllato nell’ambito di un’indagine di Polizia in materia di sfruttamento della prostituzione, reato che lo vedeva coinvolto quale parte offesa. Inoltre, lo stesso cittadino brasiliano aveva riportato due condanne per violazione della normativa sull’immigrazione e inosservanza del provvedimento dell’autorità. Senza contare poi che il cittadino brasiliano, accreditatosi come religioso, aveva organizzato, in un piccolo paese italiano, un’attività di culto nella casa dove convive con il cittadino italiano che, tra l’altro, vestiva l’abito diocesano senza averne titolo ricevendo la scomunica dal vescovo. Da qui, secondo i giudici, non sarebbe possibile ricostruire un legame chiaro e scevro da dubbi sulla profondità del vincolo che unisce i due soggetti.
Presentato ricorso per cassazione, i Giudici di legittimità concordano nel ritenere assente un saldo legame affettivo e spirituale tra il cittadino italiano e il cittadino brasiliano. Da qui ne discende la legittimità della decisione di respingere la domanda di adozione di maggiorenne presentata dal cittadino italiano. Precisano i Giudici che «l’istituto dell’adozione di un soggetto maggiorenne ha assunto essenzialmente una funzione sociale di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria nonché di una storia personale, tra adottante ed adottato, in quanto legati, sulla base di una frequentazione quotidiana, da saldi vincoli personali, morali e civili [e] può essere operata una ragionevole riduzione del divario di età (almeno diciotto anni), fissato dal Codice Civile, tra adottante ed adottato [al fine di] tutelare situazioni familiari consolidatesi da lungo tempo e fondate su di una comprovata affectio familiaris». Continua la Corte spiegando che «l’adozione di persone maggiori di età non persegue più, e soltanto, la funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio, con conseguenze destinate a riverberarsi sul mero piano di disciplina relativa agli alimenti e alle successioni, ma è divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali». Ecco che quindi la mera convivenza tra il cittadino italiano e il cittadino brasiliano non è sufficiente a certificare l’esistenza di un solido vincolo. (Cass. civ., sez. I, ord., 8 febbraio 2024, n. 3577)