La revisione delle condizioni economiche del divorzio non può essere retroattiva
In caso di peggioramento delle condizioni economiche di uno dei due coniugi dopo il divorzio, il giudice può modificare la cifra prevista dall’assegno ma tale maggiorazione non ha effetti retroattivi.

Il Tribunale di Roma dichiarava lo scioglimento del matrimonio di una coppia e affidava i due figli minori a entrambi i genitori, con esercizio congiunto della responsabilità genitoriale e collocamento presso la madre. Veniva determinato in 500 euro il contributo mensile del padre. Su ricorso di quest’ultimo, il Tribunale modificava tale decisione e disponeva che ciascuno dei genitori provvedesse al mantenimento ordinario del figlio con sé convivente dalla data di deposito del ricorso, ponendo a carico del padre le spese straordinarie per i figli nella misura del 65%.
La donna proponeva reclamo invocando il peggioramento delle proprie condizioni economiche e chiedendo un assegno divorzile, oltre alla revisione del mantenimento dei figli. La domanda veniva parzialmente accolta ma il padre faceva ricorso alla Cassazione.
La Corte (sentenza n. 1980 depositata il 18 gennaio 2024) accoglie il ricorso con cui l’uomo lamenta il fatto che il giudice dell’appello abbia rideterminato la cifra del mantenimento dei figli a suo carico con decorrenza retroattiva, a far data cioè dal ricorso di primo grado.
Sul punto, la giurisprudenza afferma infatti che, in caso di revisione dell’assegno di divorzio, il diritto a percepirlo di un coniuge e il corrispondente obbligo a versarlo dell'altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia fino alla successiva modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno. Dunque, in mancanza di specifiche disposizioni e in base ai principi generali, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell'accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione.
Nel nostro caso invece, la Corte d’appello ha errato nel fissare la decorrenza dell’aumento del contributo al mantenimento del figlio minorenne dal ricorso di primo grado, in data dunque anche anteriore rispetto al peggioramento economico che ha legittimato l’accoglimento del reclamo della donna.
La sentenza impugnata viene quindi annullata con rinvio al giudice di merito.