Mandato d’arresto europeo: esecuzione rifiutata per eseguire la pena nello Stato di residenza. Principio che vale anche per i cittadini di Paesi esterni all’Unione Europea

Il diritto dell’Unione Europea si oppone ad una normativa nazionale che escluda in maniera assoluta e automatica dal beneficio della non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo qualsiasi cittadino di un Paese terzo che dimori o risieda nel territorio di uno Stato europeo, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato

Mandato d’arresto europeo: esecuzione rifiutata per eseguire la pena nello Stato di residenza. Principio che vale anche per i cittadini di Paesi esterni all’Unione Europea

La possibilità di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo affinché la pena sia eseguita nello Stato di residenza deve applicarsi anche ai cittadini di Paesi terzi rispetto a quelli membri dell’Unione Europea. In questa ottica, comunque, l’autorità giudiziaria deve poter valutare se il cittadino di un Paese terzo sia sufficientemente integrato nello Stato europeo di esecuzione e se esista quindi un legittimo interesse che giustifichi che venga eseguita nel territorio di quest’ultimo Stato la pena inflitta nello Stato europeo di emissione. Per fare chiarezza, comunque, i giudici precisano che il diritto dell’Unione Europea si oppone ad una normativa di uno Stato europeo che escluda in maniera assoluta e automatica dal beneficio della non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo qualsiasi cittadino di un Paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato europeo, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato. I giudici precisano poi che una siffatta normativa nazionale è contraria al principio di parità di trattamento sancito dalla ‘Carta dei diritti fondamentali’ dell’Unione europea, poiché tratta in maniera diversa, da un lato, i cittadini dello Stato europeo richiesto e gli altri cittadini dell’Unione Europea e, dall'altro, i cittadini dei Paesi terzi, senza tenere conto della circostanza che questi ultimi possono anch’essi presentare un grado di integrazione sufficiente nella società di detto Stato, idoneo a giustificare che vi scontino una pena pronunciata nello Stato europeo di emissione. L’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa in questione è subordinata al verificarsi di due condizioni. La prima è che la persona ricercata dimori nello Stato europeo di esecuzione, ne sia cittadina o vi risieda. La seconda è che tale Stato si impegni a eseguire esso stesso, conformemente al suo diritto interno, la pena per la quale il mandato d’arresto europeo è stato emesso. Per quanto attiene alla prima condizione, i giudici precisano che nulla osta a che uno Stato dell’Unione Europea subordini, per i cittadini di Paesi terzi, il beneficio del motivo di non esecuzione al requisito che tale cittadino vi dimori o vi risieda in via continuativa da un periodo di tempo minimo. Ove abbia constatato che le due condizioni sono soddisfatte, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve ancora valutare se esista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena inflitta nello Stato membro di emissione venga eseguita nel territorio dello Stato di esecuzione. Tale valutazione consente di tenere conto dell’obiettivo perseguito dalla decisione quadro relativa al mandato d‘arresto europeo, che consiste nell’aumentare le possibilità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta che quest’ultima ha scontato la pena a cui è stata condannata. Spetta quindi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione effettuare una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione della persona ricercata, idonei a indicare se esistano tra tale persona e lo Stato di esecuzione legami tali per cui l’esecuzione della pena in quest’ultimo Stato, in cui essa dimora o risiede, contribuirà al suo reinserimento sociale. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del Paese terzo intrattiene con lo Stato di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato europeo. (Sentenza del 6 giugno 2023 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)  

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