Niente usucapione per il bene del demanio pubblico con intrinseca rilevanza archeologica
I giudici pongono in evidenza la irrilevanza, quanto al possesso, della data del provvedimento di apposizione del vincolo

Non può trovare accoglimento la domanda di usucapione di un bene appartenente al demanio pubblico in ragione della sua intrinseca rilevanza archeologica. Questo il paletto fissato dai giudici, i quali sottolineano poi la irrilevanza, quanto al possesso, della data del provvedimento di apposizione del vincolo. In particolare, viene chiarito che l'immobile di proprietà di un Comune che, sebbene non iscritto nell'elenco descrittivo delle cose - immobili e mobili - che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico presenti sul territorio comunale, sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico, è soggetto al regime del demanio pubblico, con la conseguenza che non può essere sottratto alla rispettiva destinazione, né essere oggetto di usucapione. I beni muniti di interesse storico, artistico o archeologico appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici, quindi, devono considerarsi tout court culturali: attraverso l'apposizione del vincolo archeologico, dunque, non si costituisce su di essi una nuova qualità, ma semplicemente si certifica una prerogativa che il bene già possiede per le sue caratteristiche. Ne consegue che, nel caso specifico preso in esame dai giudici, la rilevanza archeologica del bene immobile oggetto di controversia, sebbene dichiarata, attraverso l'apposizione del vincolo specifico, solo nel 1990, era già insita nel bene stesso, con la conseguenza che correttamente il bene in questione è stato dichiarato non assoggettabile ad usucapione, perché soggetto al regime del demanio pubblico. (Ordinanza 14105 del 23 maggio 2023 della Cassazione)