Nullità del matrimonio: non basta la mera deficienza caratteriale
Impossibile parlare di incapacità di intendere e di volere a fronte di una situazione descritta come di mera deficienza caratteriale o immaturità

Immaturità per non avere uno o entrambi i coniugi valutato la rilevanza dell’atto compiuto, cioè il matrimonio canonico, in sé indissolubile e, dunque, di portata davvero rilevante, in quanto destinato per scelta originaria a durare per tutta la vita. I giudici precisano che, di conseguenza, l’incapacità di valutare ex ante la rilevanza di un vincolo senza termini non significa necessariamente deficit psichico, alla luce di quanto stabilito dall’ordinamento italiano. Ciò comporta che è impensabile considerare nullo anche per lo Stato, come già per la Chiesa, il matrimonio, semplicemente facendo riferimento al grave difetto di discrezione del giudizio di uno dei coniugi circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente e alla incapacità di uno dei coniugi ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per cause di natura psichica. I giudici aggiungono una ulteriore precisazione: l'incapacità di intendere e volere, tale da legittimare una impugnazione del matrimonio, va intesa come menomazione della sfera intellettiva e volitiva di tale grado da impedire di far comprendere il significato e le conseguenze dell'impegno assunto, e, sebbene non occorra la totale privazione delle facoltà intellettive o volitive, è, tuttavia, necessario che esse siano grandemente menomate, a tal punto da impedire in ogni caso la formazione di una volontà cosciente. (Ordinanza 28307 del 10 ottobre 2023 della Cassazione)