Ora di religione: madre e padre non trovano un’intesa e la palla passa al giudice
La scelta del giudice deve essere indirizzata non da personali convinzioni ma esclusivamente dal criterio-guida dell’interesse del minore

Se madre e padre non riescono a trovare un’intesa sull’iscrizione della figlia all'ora di religione, allora la scelta deve essere rimessa al magistrato. Ciò perché, a fronte di un palese e irrisolvibile conflitto genitoriale, il perseguimento dell'interesse del minore può comportare anche l'adozione di provvedimenti, relativi all'educazione religiosa, contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori. La scelta del giudice deve però essere indirizzata non da personali convinzioni ma esclusivamente dal criterio-guida dell’interesse del minore, con necessità di verificare quale sia l’impegno richiesto dall’iscrizione all’ora di religione (in rapporto alla programmazione scolastica specifica della scuola frequentata) e quali siano i bisogni della minore, non sulla base di pregresse scelte riguardanti fratelli o sorelle, ma in rapporto al suo specifico interesse ad avere una continuità socio-ambientale nel campo scolastico, in cui si svolge, per la gran parte del tempo quotidiano, la sua sfera sociale ed educativa. In sostanza, il giudice, come soggetto super partes, può essere chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia, adottando i provvedimenti relativi alla prole, in luogo dei genitori che non siano stati in grado di comporre i propri dissidi ideologici e le correlate convinzioni e di stabilire, di comune accordo, le linee educative. (Ordinanza 6802 del 7 marzo 2023 della Corte di Cassazione)