Patrimonio incrementato per la donna: ciò non basta per negarle l’assegno divorzile

Necessario tenere presente, secondo i giudici, anche la valutazione dell’apporto fornito dalla donna alla vita familiare

Patrimonio incrementato per la donna: ciò non basta per negarle l’assegno divorzile

L’incremento del patrimonio della donna, a seguito della successione mortis causa dal padre, non è sufficiente per legittimare la revoca dell’assegno divorzile a lei riconosciuto in origine. Su questo fronte, difatti, la sproporzione tra i coniugi della rispettiva consistenza reddituale nella stretta attualità non può essere slegata dalla valutazione dell’apporto fornito alla vita familiare dal coniuge che chiede l’assegno post divorzio. Nel caso preso in esame dai giudici sono state tenute presenti le dichiarazioni dei redditi della donna, ma non si è valutato il peso del contributo da lei fornito alla famiglia, con riferimento, in particolare, all’accudimento e alla crescita del figlio che non aveva neanche 10 anni all’epoca della separazione e che ha vissuto con lei dopo la rottura tra i genitori. In questo quadro, poi, secondo i giudici, bisogna anche tenere presente l’incidenza della volontà della donna nel sottrarsi allo svolgimento di un’attività lavorativa, con riferimento non solo agli anni del matrimonio ma anche al periodo post separazione e al momento della fine della convivenza col figlio. (Ordinanza 27753 del 22 settembre 2022 della Cassazione)

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