Per la Chiesa il matrimonio è nullo per vizio psichico di un coniuge: la convivenza durata più di tre anni non impedisce il riconoscimento della sentenza ecclesiastica
I giudici sottolineano il vizio psichico, poiché tale nullità è prevista anche nell’ordinamento italiano e non è sanabile dalla protrazione della convivenza prima della scoperta del vizio

In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio concordatario, la convivenza come coniugi costituisce un elemento essenziale del ‘matrimonio-rapporto’ e, ove si protragga per almeno tre anni dalla celebrazione, integra una situazione giuridica di ordine pubblico italiano che, tuttavia, non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del ‘matrimonio-atto’, a loro volta presidiati da nullità nell’ordinamento italiano. I giudici precisano, in particolare, che la convivenza ultratriennale non è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica che accerti la nullità del matrimonio per incapacità a contrarre matrimonio determinata da vizio psichico, poiché una tale nullità è prevista anche nell’ordinamento italiano e non è sanabile dalla protrazione della convivenza prima della scoperta del vizio. Questi i paletti fissati dai giudici, chiamati a prendere in esame l’istanza presentata da un uomo e mirata a vedere riconosciuta dallo Stato italiano l’efficacia della sentenza ecclesiastica con cui è stata dichiarata la nullità del matrimonio da lui contratto con una donna, nullità dovuta all’incapacità del consenso da parte della moglie. (Ordinanza 149 del 4 gennaio 2023 della Corte di Cassazione)