Rapporto di lavoro chiuso, il dipendente può incassare i suoi crediti dalla società controllante
Rilevante l’accordo di garanzia tra la società controllante e il lavoratore in merito alle obbligazioni derivanti dal contratto di lavoro

Possibile per un lavoratore pretendere dalla società controllante della società di cui è stato dipendente il pagamento dei crediti da lui vantati a chiusura del contratto di lavoro. I giudici sono stati chiamati ad esaminare la lite tra una società e un lavoratore in merito al rifiuto opposto dalla società, responsabile, in forza di un accordo di garanzia nei confronti del lavoratore, delle obbligazioni derivanti da un contratto di lavoro concluso tra il lavoratore e una controllata della società, di pagare i crediti derivanti dal contratto. Alla luce della vicenda e della direttiva europea, i giudici precisano innanzitutto che un lavoratore può convenire dinanzi al giudice dell’ultimo luogo in cui, o a partire dal quale, ha svolto abitualmente il suo lavoro una persona, domiciliata o meno nel territorio di uno Stato membro, alla quale non sia legato da un contratto formale di lavoro, ma che, in forza di un accordo di garanzia da cui dipendeva la conclusione del contratto di lavoro con un terzo, sia responsabile direttamente nei confronti di tale lavoratore dell’esecuzione delle obbligazioni di tale terzo, a condizione che sussista un vincolo di subordinazione tra tale persona e il lavoratore. E in questa ottica la nozione di attività professionale comprende non soltanto un’attività autonoma, ma anche un’attività subordinata. Inoltre, un accordo concluso tra il lavoratore e un terzo rispetto al datore di lavoro menzionato nel contratto di lavoro, in forza del quale il terzo è direttamente responsabile nei confronti del lavoratore delle obbligazioni di tale datore derivanti dal contratto di lavoro, non costituisce un contratto concluso al di fuori e indipendentemente da qualsiasi attività o finalità di natura professionale ai fini dell’applicazione di tali disposizioni. (Sentenza del 20 ottobre 2022 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)