Rifiuta le visite ed è poco collaborativa ma ciò non basta per la nomina di un amministratore di sostegno

La condotta non collaborativa del soggetto non può, di per sé, costituire un indizio significativo della menomazione, fisica o psichica, che giustifica della nomina di un amministratore di sostegno

Rifiuta le visite ed è poco collaborativa ma ciò non basta per la nomina di un amministratore di sostegno

I congiunti di una donna con problemi psichici chiedevano al tribunale la nomina di un amministratore di sostegno, in quanto il grave stato di alterazione psicofisica aveva ridotto notevolmente la capacità di gestire autonomamente il patrimonio. Il giudice tutelare accoglieva il ricorso e nominava come amministratore di sostegno un terzo estraneo alla famiglia.

La donna proponeva reclamo avverso il decreto ma la Corte d’appello confermava la decisione di prime cure.

La vicenda è dunque giunta all’attenzione della Cassazione. In particolare, la signora lamenta la mancanza di un vero accertamento di una patologia psichiatrica alla base della nomina dell’amministratore che invece sarebbe stata un’iniziativa quasi “sanzionatoria” a fronte del suo rifiuto di sottoporsi alla visita e all’esame del CTU nominato dal Tribunale.

Il giudice, infatti, aveva ritenuto che la condotta ingiustificatamente oppositiva della signora costituisse una prova, sintomo dell'incapacità di percepire l'importanza degli atti ai quali la stessa era stata chiamata a collaborare nel suo esclusivo interesse.

La Cassazione ha accolto la tesi della donna. Secondo i giudici, del mero rifiuto di sottoporsi alle visite e della condotta poco collaborativa non è un indice inequivocabile di una condizione di salute tale da rendere necessaria la nomina dell’amministratore.

L'iter per nominare un amministratore di sostegno richiede la presenza di condizioni serie o di incapacità attuale per la persona coinvolta, secondo la giurisprudenza. Non è sufficiente che la persona presenti condotte di vita solo apparentemente anomale, ma deve essere priva di autonomia a causa di una qualsiasi forma di "infermità" o "menomazione fisica", anche parziale o temporanea. Il giudice deve nominare un amministratore di sostegno in questi casi, in quanto è responsabile di scegliere la misura più idonea tra diverse opzioni, ma non ha il potere di non adottare alcuna misura di protezione, poiché ciò priverebbe il soggetto incapace di qualsiasi forma di tutela.

L'analisi dei requisiti di legge deve essere dettagliata sia riguardo alle condizioni di menomazione della persona coinvolta, sia su come influiscano sulla sua capacità di gestire i propri interessi. È importante verificare se sia possibile soddisfare tali esigenze con altri mezzi, come tramite deleghe o un supporto familiare adeguato. La recente sentenza della Cassazione critica una decisione di una Corte d'Appello la quale non ha valutato in modo esaustivo se le condizioni di salute della donna richiedano effettivamente un'amministrazione di sostegno, sottolineando un eccesso di poteri concessi all'amministratore, non proporzionato alle reali necessità di tutela della persona.

Di conseguenza, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando il decreto e richiamando il caso alla Corte d'Appello di Palermo, chiedendo una valutazione più approfondita (Cass. civ., sez. I, ord., 27 maggio 2024, n. 14689).

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