Sanzioni irrogate per pratiche commerciali sleali e qualificate come sanzioni amministrative di natura penale: si applica il principio del ‘ne bis in idem’

Escluso che possa essere avviato o proseguito un procedimento penale per gli stessi fatti, qualora esista una decisione definitiva, anche se tale decisione è successiva

Sanzioni irrogate per pratiche commerciali sleali e qualificate come sanzioni amministrative di natura penale: si applica il principio del ‘ne bis in idem’

Questi i paletti fissati dai giudici comunitari, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo alla sanzione pecuniaria di 5.000.000 di euro irrogata nel 2016 dall’Antitrust italiana alla Volkswagen Group Italia SpA e alla Volkswagen Aktiengesellschaftper pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori, pratiche riguardanti, da un lato, la commercializzazione di veicoli diesel in Italia, a partire dal 2009, contenenti un software che consentiva di alterare la misurazione dei livelli di emissioni di ossidi di azoto in occasione dei test per il controllo delle emissioni inquinanti e, dall'altro, la diffusione di messaggi pubblicitari che evidenziavano la conformità di tali veicoli ai criteri previsti dalla normativa ambientale. I giudici hanno innanzitutto chiarito che le sanzioni irrogate per pratiche commerciali sleali sono qualificabili come sanzioni amministrative di natura penale. Ciò anche perché, benché qualificata come sanzione amministrativa dalla normativa nazionale, una sanzione pecuniaria irrogata a una società dall’autorità nazionale competente in materia di tutela dei consumatori per sanzionare pratiche commerciali sleali costituisce una sanzione penale quando persegue una finalità repressiva e presenta un elevato grado di severità. Di conseguenza, il principio del ne bis in idem osta a una normativa nazionale che consente il mantenimento di una sanzione pecuniaria penale inflitta a una persona giuridica per pratiche commerciali sleali nel caso in cui essa abbia riportato una condanna penale per gli stessi fatti in un altro Stato dell’Unione Europea, anche se detta condanna è successiva alla data della decisione che irroga tale sanzione pecuniaria ma è divenuta definitiva prima che la sentenza sul ricorso giurisdizionale proposto avverso tale decisione sia passata in giudicato. Infatti, il principio del ne bis in idem esclude che, qualora esista una decisione definitiva, possa essere avviato o proseguito un procedimento penale per gli stessi fatti. Tale principio si applica dal momento in cui una decisione penale è divenuta definitiva, indipendentemente dal modo in cui tale decisione abbia acquisito carattere definitivo. Tuttavia, esso può trovare applicazione solo qualora i fatti oggetto dei due procedimenti o delle due sanzioni in questione siano identici: non è quindi sufficiente che tali fatti siano simili. Infine, viene fatta chiarezza in merito a quali condizioni possano essere giustificate limitazioni all’applicazione del principio del ne bis in idem. In particolare, i giudici dichiarano che è autorizzata la limitazione dell'applicazione del principio del ne bis in idem, in modo da consentire un cumulo di procedimenti o di sanzioni per gli stessi fatti, qualora siano soddisfatte tre condizioni: tale cumulo non deve rappresentare un onere eccessivo per il soggetto, norme chiare e precise devono consentire di prevedere quali atti e omissioni possano essere oggetto di cumulo e, infine, i procedimenti devono essere stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo. (Sentenza del 14 settembre 2023 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)

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