Separazione addebitabile al coniuge che va via di casa

Irrilevante il fatto che, nonostante la fuga dalla casa familiare e l’interruzione della convivenza, i coniugi abbiano poi continuato ad intrattenere rapporti

Separazione addebitabile al coniuge che va via di casa

Abbandonare il tetto coniugale è condotta sufficiente per vedersi addebitata la responsabilità per la successiva separazione dal coniuge. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 8366 del 30 marzo 2025 della Cassazione), i quali aggiungono che è irrilevante il fatto che, nonostante la fuga dalla casa familiare e l’interruzione della convivenza, i coniugi abbiano poi continuato ad intrattenere rapporti, con tanto di frequentazione e di viaggi e vacanze insieme. Questi dati di fatto, pur certificando una reciproca tolleranza, non possono, secondo i giudici, portare a negare peso specifico al precedente abbandono del tetto coniugale. Per maggiore chiarezza, comunque, ampliando l’orizzonte oltre la specifica vicenda, i giudici ribadiscono alcuni concetti, precisando che l’abbandono unilaterale del domicilio familiare, in quanto violazione del dovere matrimoniale di convivenza, è di per sé sufficiente a giustificare l’addebito della separazione personale, salvo che l’autore di quella condotta dimostri l’esistenza di una giusta causa o che l’abbandono sia stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, o sia intervenuto quando la convivenza era già intollerabile. In questo quadro, poi, costituisce una giusta causa tale da rendere non sanzionabile la fuga da casa la presenza di situazioni di fatto di per sé incompatibili con la protrazione di quella convivenza, ossia tali da non rendere esigibile la pretesa di coabitare. Per essere precisi, non costituisce giusta causa il solo fatto che il coniuge andato via di casa abbia confessato al partner di nutrire un sentimento affettivo nei confronti di un’altra persona, essendo necessaria la prova che l’allontanamento sia stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge (anche in reazione alla confessione ricevuta) o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile. Invece, l’anteriorità della crisi della coppia può esclude il nesso causale tra la condotta di uno dei coniugi, violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio, e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, ma deve essere concretamente provata. In questa ottica, però, l’accertamento dell’addebito non è escluso dall’esistenza di criticità e disaccordi esistenti tra i coniugi già prima del matrimonio, poiché la connotazione di conflittualità del rapporto è diversa dalla situazione di vera e propria intollerabilità della convivenza, la quale, se è cagionata da violazioni di obblighi matrimoniali da parte di uno dei coniugi, può determinare l’addebito della separazione. In questo quadro, infine, ai fini dell’esclusione del nesso causale tra la condotta violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio e l’impossibilità della prosecuzione della convivenza, non assume rilievo la tolleranza dell’altro coniuge, non essendo configurabile un’esimente oggettiva, che faccia venire meno l’illiceità del comportamento, né una rinuncia tacita all’adempimento dei doveri coniugali, aventi carattere indisponibile, anche se la sopportazione delle condotte altrui rappresentate come causa di addebito può essere presa in considerazione, unitamente ad altri elementi, quale indice rivelatore del fatto che l’affectio coniugalis era già venuta meno da tempo.

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