Uso di carburante marcato per la navigazione privata da diporto: multa per il Regno Unito
Fatale l’essersi conformato con troppa lentezza al provvedimento giudiziario che nel 2018 aveva accertato il primo inadempimento

Multa salata per il Regno Unito, condannato a versare ben 32.000.000 di euro per non aver vietato, entro il termine impartito dalla Commissione Europea, l'uso di carburante marcato ai fini della navigazione privata da diporto. Fatale al Regno Unito è stato l’essersi conformato con troppa lentezza al provvedimento giudiziario che nel 2018 aveva accertato il primo inadempimento. In sostanza, il Regno Unito ha rispettato l’ordine datogli solo a quasi tre anni di distanza dal provvedimento con cui i giudici l’avevano condannato perché, autorizzando l'utilizzo di carburante marcato (mediante l'aggiunta di un colorante) per la propulsione di imbarcazioni private da diporto, anche quando tale carburante era soggetto alla normale aliquota d’imposta, aveva violato il diritto dell'Unione Europea. Ciò perché la marcatura fiscale mira, secondo una direttiva dell'Unione Europea, a facilitare l'identificazione del gasolio non soggetto alla normale aliquota d’imposta, come quello delle imbarcazioni commerciali, e tale obiettivo non può essere conseguito se la marcatura può essere utilizzata anche per il gasolio destinato ad usi soggetti all’aliquota normale d’imposta, come quello impiegato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto. Però il Regno Unito è venuto meno al suo obbligo di adottare, entro il termine impartito dalla Commissione, cioè entro il 15 settembre 2020, tutte le misure necessarie all'esecuzione della sentenza di accertamento del primo inadempimento. I giudici ritengono che la mancata esecuzione della sentenza del 2018 non possa essere giustificata da eventuali difficoltà connesse alla procedura legislativa, alle elezioni generali, alle consultazioni pubbliche, alle caratteristiche geografiche, alle difficoltà di fornire al contempo carburante marcato e carburante non marcato, o, ancora, alla pandemia di Covid-19. (Sentenza del 28 settembre 2023 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)