La CGUE approva l’inserimento obbligatorio nelle carte d’identità di due impronte digitali

Non sussiste infatti alcuna incompatibilità con i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale

La CGUE approva l’inserimento obbligatorio nelle carte d’identità di due impronte digitali

Con la sentenza depositata in data 21 marzo 2024 nella causa C-61/22, la CGUE ha chiarito che l'inserimento obbligatorio di due impronte digitali nelle carte d'identità è compatibile con i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali ed è giustificato dallo scopo della lotta contro le carte d'identità false e l'usurpazione d'identità, oltre che per la garanzia dell'interoperabilità dei sistemi di verifica.

Il caso è sorto in Germania dove un cittadino ha contestato in Tribunale il rifiuto, da parte della città di Wiesbaden, di rilasciargli una nuova carta d’identità priva delle sue impronte digitali. L’organo giurisdizionale tedesco ha quindi chiesto alla Corte di giustizia di verificare la validità del regolamento dell’Unione che prevede l’obbligo di inserire nel supporto di memorizzazione delle carte d’identità due impronte digitali.

A seguito di un esame approfondito, la Corte afferma che «l’obbligo di inserire due impronte digitali complete nel supporto di memorizzazione delle carte d’identità costituisce una limitazione dei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tuttavia, tale inserimento è giustificato dalle finalità di interesse generale di lotta contro la fabbricazione di carte d’identità false e contro l’usurpazione d’identità nonché di garanzia dell’interoperabilità dei sistemi di verifica. Esso è infatti idoneo e necessario alla realizzazione di tali finalità e non è sproporzionato rispetto a queste ultime».

Si tratta di una soluzione idonea a contribuire tanto alla tutela della vita privata delle persone interessate quanto, più in generale, alla lotta contro la criminalità e il terrorismo. Inoltre, permettendo ai cittadini dell'Unione di identificarsi in modo affidabile, «facilita l’esercizio del loro diritto alla libertà di circolazione e di soggiorno nell’Unione europea. Le finalità perseguite da detto inserimento hanno quindi un’importanza particolare non solo per l’Unione e gli Stati membri, ma anche per i cittadini dell’Unione».

Tuttavia, dal punto di vista procedurale, il regolamento è stato adottato secondo una procedura legislativa errata, vale a dire secondo la procedura ordinaria anziché una procedura legislativa speciale che imponga l’unanimità in seno al Consiglio. La Corte dichiara pertanto invalido il regolamento ma, posto che l’invalidazione del regolamento con effetto immediato sarebbe tale da produrre conseguenze negative gravi per un numero significativo di cittadini dell’Unione e per la loro sicurezza, la Corte mantiene gli effetti del regolamento fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole e al più tardi il 31 dicembre 2026, di un nuovo regolamento, fondato sulla corretta base giuridica (CGUE, sentenza 21 marzo 2024, causa C-61/22.

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