Lo Stato non può imporre obblighi al fornitore di una piattaforma di comunicazione stabilito in un altro Stato
Lotta contro i contenuti illeciti su Internet: uno Stato membro non può imporre al fornitore di una piattaforma di comunicazione, stabilito in un altro Stato membro, obblighi generali e astratti

Ciò perché un approccio nazionale di questo tipo è contrario al diritto dell'Unione Europea che garantisce la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione attraverso il principio del controllo nello Stato membro di origine del servizio. Questi i paletti fissati dai giudici comunitari, i quali richiamano l'obiettivo della direttiva: creare un quadro normativo per garantire la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra gli Stati membri. In quest'ottica, la direttiva elimina gli ostacoli rappresentati dai diversi regimi nazionali applicabili a tali servizi grazie al principio del controllo nello Stato membro di origine. Vero è che, a condizioni rigorose e in casi specifici, gli Stati membri diversi dallo Stato membro di origine del servizio in questione possono effettivamente adottare provvedimenti al fine di garantire l'ordine pubblico, la tutela della sanità pubblica, la pubblica sicurezza o la tutela dei consumatori. Tali deroghe concrete devono essere notificate alla Commissione Europea e allo Stato membro di origine. Tuttavia, gli Stati membri diversi dallo Stato membro di origine del servizio non possono adottare provvedimenti di carattere generale e astratto applicabili indistintamente a qualsiasi prestatore di una categoria di servizi della società dell'informazione, ossia ai prestatori stabiliti in tale Stato membro e ai prestatori stabiliti in altri Stati membri. Infatti, la possibilità per questi Stati membri di adottare tali obblighi generali e astratti metterebbe in discussione il principio del controllo nello Stato membro di origine del servizi, principio su cui si basa la direttiva. Se lo Stato membro di destinazione (in questo caso: l'Austria) fosse autorizzato ad adottare tali provvedimenti, ciò sconfinerebbe nella competenza normativa dello Stato membro di origine (in questo caso: l'Irlanda). Peraltro, ciò minerebbe la fiducia reciproca tra gli Stati membri e contravverrebbe al principio del riconoscimento reciproco. Inoltre, le piattaforme interessate sarebbero soggette a normative diverse, il che violerebbe anche la libera prestazione dei servizi e quindi il buon funzionamento del mercato interno. Questi i chiarimenti forniti dai giudici, a fronte della legge introdotta dall’Austria nel 2021, una legge che obbliga i fornitori nazionali ed esteri di piattaforme di comunicazione a predisporre meccanismi di dichiarazione e verifica dei contenuti potenzialmente illeciti e che prevede, inoltre, la pubblicazione regolare e trasparente delle segnalazioni di contenuti illeciti. A dare solidità alla legge, poi, anche un'autorità amministrativa a garantire il rispetto delle disposizioni e abilitata ad infliggere ammende fino a 10.000.000 di euro. (Sentenza del 9 novembre 2023 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)