Se dopo la rettificazione di sesso l’unione civile diventa matrimonio, i diritti della coppia sono salvi

Nel caso in cui uno dei componenti dell’unione civile voglia procedere con la rettificazione anagrafica di sesso ed entrambi intendano proseguire la loro relazione trasformandola in matrimonio, i diritti della coppia non si estinguono nel periodo compreso tra la cessazione del vincolo iniziale e la celebrazione del matrimonio

Se dopo la rettificazione di sesso l’unione civile diventa matrimonio, i diritti della coppia sono salvi

Lo ha affermato la Corte Costituzionale nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 26, l. n. 76/2016 (c.d. legge sulle unioni civili) nella parte in cui stabilisce che «la sentenza di rettificazione anagrafica di attribuzione di sesso determina lo scioglimento automatico dell'unione civile senza prevedere, laddove il richiedente la rettificazione e l'altra parte dell'unione rappresentino personalmente e congiuntamente al giudice, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, l'intenzione di contrarre matrimonio, che il giudice disponga la sospensione degli effetti derivanti dallo scioglimento del vincolo fino alla celebrazione del matrimonio e comunque non oltre il termine di centottanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione» (Corte Cost., sent., 22 aprile 2024, n. 66).

La questione era stata sollevata dal Tribunale di Torino chiamato a pronunciarsi in un giudizio per la rettifica di sesso richiesta da uno dei componenti di una unione civile. Il giudice aveva ravvisato il contrasto della normativa con l'art. 2 Cost. e con l'art. 3 Cost., lamentando la disparità di trattamento rispetto alla ipotesi in cui il percorso di transizione di genere sia attraversato da una coppia in origine eterosessuale unita in matrimonio: «in tale ipotesi l'art. 1, comma 27, della stessa legge n. 76 del 2016 dispone che, ove i coniugi abbiano manifestato personalmente e congiuntamente al giudice, nel corso del giudizio per rettificazione di sesso, la volontà di proseguire la loro relazione dando vita ad una unione civile, alla rettificazione di sesso consegue l'automatica instaurazione dell'unione civile».

La Corte ha rilevato che «l'unione civile costituisce una formazione sociale in cui i singoli individui svolgono la propria personalità, ed è connotata da una natura solidaristica non dissimile da quella propria del matrimonio, in quanto comunione spirituale e materiale di vita, ed esplicazione del diritto fondamentale della persona di vivere liberamente una condizione di coppia, con i connessi diritti e doveri». Laddove i componenti dell'unione civile manifestino la volontà di conservare il rapporto nella diversa forma del matrimonio a seguito dello scioglimento automatico del vincolo pregresso, quale effetto della sentenza di rettificazione anagrafica del sesso di uno di essi, «vanno comunque incontro, nel tempo necessario alla celebrazione del matrimonio stesso, ad un vuoto di tutela, a causa del venir meno del complessivo regime di diritti e doveri di cui erano titolari in costanza dell'unione civile. Tale mancanza di tutela entra in frizione con il diritto inviolabile della persona alla propria identità, di cui pure il percorso di sessualità costituisce espressione. Non senza considerare - aggiunge la Corte - che, nel tempo necessario alla ricostituzione della coppia secondo la nuova forma legale, i componenti potrebbero essere colpiti da eventi destinati a precludere in modo irrimediabile la costituzione del nuovo vincolo».

Il rimedio non può comunque essere quello di omologare l'unione civile al matrimonio, ma la soluzione individuata è quella della «sospensione degli effetti derivanti dallo scioglimento del vincolo per il tempo necessario affinché le parti celebrino il matrimonio, sempre che esse abbiano manifestato tale volontà davanti al giudice durante il giudizio di rettificazione del sesso, fino alla udienza di precisazione delle conclusioni, analogamente a quanto prevede per i coniugi nell'ipotesi inversa, l'art. 31, comma 4-bis, d.lgs. n. 150/2011. La durata di tale sospensione è stata individuata nel termine di 180 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione, termine mutuato dall'art. 99 c.c., che prevede lo stesso termine per la celebrazione del matrimonio, con decorrenza dalle pubblicazioni».

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