Violenza sulle donne: la CGUE precisa le condizioni per beneficiare della protezione internazionale
Con la sentenza C-621/21, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si pronuncia sul tema della protezione internazionale interpretando la direttiva 2011/951 che riconosce la violenza contro le donne basata sul genere come una forma di persecuzione.

La questione origina dalla domanda di protezione internazionale presentata in Bulgaria da una cittadina turca di origine curda. La donna, di confessione musulmana e divorziata, adduce di essere stata costretta a sposarsi dalla sua famiglia, successivamente picchiata e minacciata dal marito, e temeva per la propria vita se fosse dovuta tornare in Turchia. Il giudice bulgaro investito della causa ha deciso di sottoporre talune questioni alla Corte di giustizia dell'Unione Europea.
La direttiva 2011/951 stabilisce le condizioni per il riconoscimento, da un lato, dello status di rifugiato e, dall'altro, della protezione sussidiaria di cui possono beneficiare i cittadini di paesi terzi. Lo status di rifugiato è previsto in caso di persecuzione di qualunque cittadino di un paese terzo per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale. La protezione sussidiaria, invece, è prevista per qualunque cittadino di un paese terzo che non possieda i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se fosse rinviato nel paese di origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, il che include segnatamente l'essere giustiziato e l’essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti.
La CGUE spiegando la direttiva 2011/951, stabilisce che la stessa deve interpretarsi nel rispetto della Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, dell'11 maggio 2011). Essa vincola l'Unione europea e riconosce la violenza contro le donne basata sul genere come una forma di persecuzione. Inoltre, la Corte rileva che «le donne, nel loro insieme, possono essere considerate come appartenenti a un gruppo sociale ai sensi della direttiva 2011/95 e beneficiare dello status di rifugiato quando, nel loro paese d'origine, sono esposte, a causa del loro sesso, a violenze fisiche o mentali, incluse le violenze sessuali e domestiche». Qualora le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato non siano soddisfatte, «esse possono beneficiare della protezione sussidiaria, anche in caso di minaccia effettiva di essere uccise o di subire atti di violenza da parte di un membro della loro famiglia o della loro comunità, a causa della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali». (CGUE, Grande Sezione, 16 gennaio 2024, causa C-621/21 (ECLI:EU:C:2024:47))