Accettazione tacita dell’eredità: può bastare una costituzione in giudizio
In generale, è necessario che la persona chiamata all’eredità compia un atto che implichi, necessariamente, la volontà di accettare, atto che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede
L’accettazione tacita dell’eredità si configura quando il chiamato all’eredità compia un atto che implichi necessariamente la volontà di accettare e che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede. In questa ottica, costituisce comportamento indicativo di accettazione tacita di eredità la costituzione in giudizio del chiamato che svolga difese riconducibili alla posizione del de cuius, unitamente al possesso dei beni ereditari, possesso che comporta l’obbligo di formare inventario entro tre mesi, decorso il quale il chiamato è considerato erede puro e semplice, precludendo l’efficacia della rinuncia tardiva nei confronti dei creditori del de cuius.
Questi i chiarimenti forniti dai giudici (ordinanza numero 24378 del 2 settembre 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame un intricato contenzioso familiare.
Passaggio centrale è, nella vicenda in esame, la costituzione in giudizio compiuta da una parte senza negare la qualità di erede e anzi formulando difese riconducibili alla persona del de cuius. Senza trascurare, poi, il possesso di beni immobili ereditari esercitato da quella stessa parte, possesso valutato come ulteriore elemento per presumere l’accettazione tacita dell’eredità.
Ragionando in questa ottica, i giudici di Cassazione richiamano il Codice Civile, che prevede l’ipotesi di accettazione tacita di eredità quando la persona chiamata all’eredità compia un atto che implichi, necessariamente, la volontà di accettare, atto che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede.
In generale, poi, presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la consapevolezza, da parte del chiamato, dell’esistenza di una delazione in suo favore; il fatto che il chiamato all’eredità assuma un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo (cosiddetto animus), sia l’elemento oggettivo attinente all’atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere. Invece, ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità vanno ritenuti privi di rilevanza gli atti che, attesa la loro natura e finalità, non siano idonei ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione. Nondimeno, anche in tali ipotesi, l’accertamento dell’accettazione tacita dell’eredità deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredità.
In definitiva, l’indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita va condotta caso per caso (in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell’importanza, oltreché della finalità, degli atti di gestione.
Tornando alla vicenda in esame, correttamente è stata valorizzata, quale elemento indicativo dell’accettazione tacita dell’eredità da parte del chiamato, la circostanza che questi si sia costituito nel giudizio riassunto, in seguito al decesso della madre, che era stata beneficiata dell’eredità paterna con esclusione dei figli, e lo abbia fatto svolgendo, peraltro, difese riconducibili alla posizione della parte deceduta. Si è trattato di un comportamento processuale che, unitamente al possesso dei beni ereditari, implicava l’accettazione tacita dell’eredità e, conseguentemente la trasmissione dell’obbligo di pagamento per la lesione della quota di legittima. A ciò si aggiunga, precisano i giudici, che sebbene l’immissione in possesso dei beni ereditari non comporti accettazione tacita dell’eredità, poiché non presuppone necessariamente, in chi la compie, la volontà di accettare, cionondimeno, se il chiamato nel possesso o compossesso anche di un solo bene ereditario non forma l’inventario nel termine di tre mesi decorrenti dal momento di inizio del possesso, viene considerato erede puro e semplice, e tale onere condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d’inventario, ma anche quella di rinunciare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del de cuius.